Pronti, partenza...

Partenza

Pronti, partenza…

Uno sparo che mi scoppia nella testa. È un’eco lontana, come il luccichio verde di un faro che segna la fine della spiaggia. Carico la valigia nel vano portabagagli ed i miei occhi iniziano a luccicare. Forse non sono pronto.

Rileggere queste frasi, le prime che ho scritto per musica, mi dona una grossa dose di estasi e non mi sto masturbando. Forse intellettualmente sì, ma non mi sto masturbando.
Non
mi
sto
masturbando.

È la stessa eccitazione che provo ad ogni partenza. La stessa di quando, alle gare studentesche, sentivo urlare “partenza”, prima di sentire lo scoppio che dava il via. La stessa eccitazione di quando esco all’alba per prendere un treno. La stessa che provo quando carico la valigia in macchina di un amico o quando sto per bere il primo sorso di una birra.

La stessa eccitazione che per quasi un anno ci è stata negata. A causa di forze maggiori, ma che ora sta per riprendere. Eppure, se devo essere sincero, non provo più nulla, non mi sto accorgendo di nulla. Perché?

Forse tutto ha avuto inizio ben prima della pandemia. Forse la pandemia è espressione di una stasi che stava progredendo (notare l’ossimoro) da decenni, preparata dai nostri genitori e legata ai nostri figli. Forse, come io non mi sto accorgendo della “ripartenza”, altri non si sono accorti dello stop.
In effetti il tempo non si ferma, mai. Nulla si ferma, c’è una continuità che disarma da ogni possibilità di inserimento. Una continuità che esclude chiunque non sia lanciato in pista da un sidecar abbastanza veloce. La nostra società è una centrifuga.

Questo lo sa bene chiunque sia costretto ad abbandonare la sua terra natia per cercare di sopravvivere. C’è una forza centrifuga che quasi sempre lo respinge. Ma lo sa bene anche chiunque abbia mai pubblicato delle canzoni, o ti immetti nel mercato alla velocità del mercato oppure il mercato ti respinge.

Se ci penso bene, l’ultima volta in cui ho provato il senso di una scissione, risale al 2006, alla vittoria dei mondiali. Un grande rito collettivo, capace di fermare il mondo per una notte. Anche se potrebbero essere stati solo qui occhi vergini di un dodicenne ad averla vissuta così. Occhi di cui c’è estremo bisogno. Occhi di cui ho un estremo bisogno, oggi più che mai.

Ripartiamo, ma non siamo mai stati fermi. Riprendiamo le nostre vecchie abitudini, come se nulla fosse successo. Adottiamo stili di vita sempre diversi e che ci riportano sempre agli stessi errori. Reprimiamo la nostra coscienza ancora una volta e compiamo il nostro viaggio alla Benjamin Button, cercando di dimenticare tutte le atrocità che abbiamo vissuto, che i nostri occhi stuprati hanno visto.

Per ripartire bisogna essere stati fermi, per ripartire bisogna avere nuove motivazioni, nuove consapevolezze, per ripartire bisogna essere cambiati. Lo siamo? Chi non lo è, non può ancora dirsi sopravvissuto.

Antonio Cettolin