Il tempo è denaro

Attesa
frammenti

Che situazione incredibile questa della pandemia. Ci costringe in casa, almeno formalmente, da ormai un anno. Limita ogni nostra attività.
La cosa più sorprendente però, come sempre, è la propensione all’adattamento che l’essere umano dimostra. Capacità di adattarsi non più direttamente alla malattia o alle contingenze che la malattia provoca, bensì alle nuove regole autoimposteci in reazione alla malattia, nel disperato tentativo di far sopravvivere le nostre abitudini.
Questo spirito di adattamento si sta configurando come spirito di riscoperta. Riprendiamo in mano strumenti del passato come libri, quotidiani, riviste e ci accorgiamo che, oltre ai titoli, hanno un contenuto; riprendiamo in mano vecchi CD o vinili, rendendoci conto che un’artista non è la sola esibizione televisiva o mediatica in genere; riprendiamo in mano la la vita attraverso l’ineffabile, accorgendoci di quanto in realtà l’inutile sia utile e l’astratto concreto; in poche parole, riscopriamo il tempo.
Stiamo riscoprendo che esistono cose che durano e cose che ci annoiano in breve. Stiamo riscoprendo quanto tempo sprechiamo in una giornata e quanto ce ne avanza per curarci di noi stessi e quindi, del prossimo.
Stiamo riscoprendo che per creare qualcosa di valido e utile, bisogna dedicarci tempo, dedicarci passione; a volte un’opera è il getto d’un flusso, a volte è un parto prolungato ma, più cura e attenzioni le diamo, più essa assumerà valore e utilità. Stiamo scoprendo che esiste una proporzione fra bellezza, longevità e valore di un artefatto.
Se è vero che un’opera d’arte, prima di essere capita, merita di essere osservata almeno per tutto il tempo impiegato dall’artista nella sua creazione, forse questo è l’unico periodo che ci permetterà di capire qualcosa sulla validità delle nostre azioni. Non siamo i primi a parlarne, se ne è parlato tanto lo scorso anno, agli inizi del mutamento antropologico in corso. Si è parlato soprattutto di come la chiusura forzata avesse spostato gli assetti di gradimento televisivo e cinematografico. Sembrava che tutti fossero tornati a leggere, ascoltare e guardare i classici. In molti hanno attribuito questo atteggiamento a forme di conforto psicologico, un vezzo passatistico atto a ricercare sicurezza, zone confortevoli, conosciute. Io credo che questa sia stata la solita, inutile spiegazione psicolologico-terapeutica del cazzo, inutile e tesa solo a dare la risposta più semplice e scontata; infatti, si è esaurita subito.
Non è forse più sensato affrontare il problema dal punto di vista materiale? Quanti di voi hanno in arretrato letture o grandi classici della letteratura? Quanti di voi hanno mai detto: “quel film lo vorrei proprio rivedere”?
Ecco, il tempo della quarantena è stata l’occasione per rifare delle cose e rifacendole, imparare qualcosa. Nessuno studia leggendo una volta sola e nessuno apprende a prima vista (sempre che ci sia qualcosa da apprendere). Per trovare un modo di affrontare qualcosa di sconosciuto come, per tutti noi occidentali, una pandemia, potevamo solo indagare l’ignoto. Per trovare un posto che non si sa dov’è, bisogna perdersi. Dal Texas solo tori e checche. Piove, governo…. Scusate, mi sto dilungando oltre.

Cosa emerge da tutto ciò? Emerge che il tempo è l’unico giudice della nostra vita ed esso ha sancito che poeti e cantanti morti hanno ancora molto da più da raccontarci di alcuni viventi. Emerge che Prince e Bach valgono di più che Tedua e Fabio Volo.
Emerge che che questo è l’unico vero senso in cui possiamo dire: il tempo è denaro. Emerge che siamo dei cazzoni avariati in cerca di far sentire la nostra voce sopra quella di tutti.
Emerge che attendere, può portare buoni frutti. Spesso nell’attesa nascono le canzoni, un’attesa simile a quella che viviamo prima di partire per un viaggio, un’attesa eccitante, che non ci permette di dormire e, così facendo, ci mette di fronte ai dubbi nei confronti dell’ignoto che siamo pronti ad esplorare.
Venendo a noi, infatti, questo periodo ci ha permesso di guardarci dentro e indietro, di paragonarci ai grandi, di rispettarli con il silenzio e di provare poi a creare qualcosa che sfidi il tempo, quella cosa che tutti conosciamo, ma se ci chiedono cosa sia, non sappiamo definirla.
Abbiamo capito che proprio ora possiamo pubblicare la nostra musica, cui dedichiamo la vita e, dopo tanta gestazione, siamo finalmente pronti ad annunciarvi l’imminente pubblicazione di nuovo materiale. Nei prossimi giorni vi daremo le istruzioni per l’uso, speriamo abbiate il tempo per farne buon uso. 

Antonio Cettolin

Foto: Diletta De Bortoli